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Immagine del redattoreThomas Raimondi

SHAME, (2011).

SHAME è un film del 2011 diretto da Steve McQueen.


Immenso. Labirintico. Selvaggio.

Un melodramma intenso che scuote e ipnotizza.

La rappresentazione della vergogna di Brandon, un uomo slegato dal suo sé più profondo.

Freddo ed Esplicito. Diviso tra pulsione animale e morale sociale castrante.

E del suo rapporto estetico, narcisistico, distruttivo con il sesso. Quello femminile. Che può essere innescato solo se distante, sconosciuto, estraneo.

Un film crudo che svela la solitudine di un uomo, così lontano ma così vicino, ad una società frigida e asettica, satura come le luci, i colori e le musiche che costituiscono il film e la città in cui piano sprofonda.



Un alone malsano, incestuoso immerge i corpi dei protagonisti che sembrano sporcare tutto ciò che toccano. Sentimenti esasperati, corpi esibiti, muri di vetro, barriere. McQeen inquadra e segue Brandon nel suo delirio anaffettivo, con lunghe sequenze che ne sottolineano l'alienazione e la caduca romanticità. Lo rendono un gelido angelo caduto, destinato a morire avvolto su se stesso. Forse.



Un cane che si morde la coda, un amor fati che condanna a commettere gli stessi errori e le stesse azioni all'infinito, come se il proprio passato inficiasse in qualche modo ogni possibilità di scelta e di futuro. Un presente continuo che vive di ripetizioni psicotiche e indotte. Un paziente sotto sedativi, una macchina scassata tenuta in piedi da un'innato istinto di sopravvivenza e un po' di nastro adesivo.

Shame è la volontà minata da una passività distruttrice. Lo strozzarsi sordo di un talento sprecato. Incapacità di relazione. Una spirale concentrica di autocommiserazioni e impossibilità. Un topo impaurito che rivuole la sua gabbia.



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